Pontevico - Guida Turistica

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.: PONTEVICO
 Pontevico è un comune di 6.478 abitanti della provincia di Brescia.
 Attraversato dal fiume Oglio, si caratterizza soprattutto per le attività agricole e per una discreta attività industriale (fa parte del distretto industriale della Bassa Bresciana, specializzato nelle produzioni di abbigliamento).
 Il nome deriva da "Pons Vici", ovvero ponte del Vico (villaggio). I nomi delle frazioni derivano: Bettegno dal personale romano "Betutius";  Campazzo, probabilmente, da "campaccio".
 Pontevico, abitato fin dall’antichità, è posto in posizione strategica sul fiume Oglio, naturale confine con Cremona. I bresciani, dopo l’anno Mille, vi costruirono un castello che inizialmente appartenne ai Martinengo, i quali, nel 1127 lo promisero al vescovo e ai consoli di Brescia. Nel 1208 i fuoriusciti bresciani cercarono di impossessarsene per consegnarlo ai cremonesi.
 Si ritiene che Pontevico fosse il "portus brixianus" punto di arrivo delle merci provenienti dal Po e dirette a Brescia. Fin dal sec. VI l'importanza della navigazione era tale che Teodorico aveva imposto di togliere le attrezzature da pesca lungo il corso d’acqua affinchè non impedissero il passaggio dei natanti.
 Antichi documenti risalenti al 1255 narrano di undici mulini funzionanti sull'Oglio in territorio di Pontevico, a testimonianza della rilevanza economica della zona.
 Il borgo antico era in realtà costituito da due nuclei distinti, ciascuno caratterizzato da una chiesa e una rocca; l’attuale Pontevico si è sviluppata a partire da uno dei due, crescendo intorno alla pieve di Sant'Andrea.
  Il 1° novembre 1237 l'imperatore Federico II, prima dell'assedio di Brescia, marciò verso la propria alleata Cremona e incendiò Pontevico. Tuttavia, dopo la sconfitta dell'imperatore a Parma nel 1248, i bresciani riconquistarono la rocca che, alcuni anni più tardi (1260) subì la devastazione da parte di Oberto Pallavicino.
 Nel 1308 gli abitanti di Pontevico fecero prigioniero il vescovo di Butrinto (Albania), inviato dall'imperatore Enrico VII. Il vescovo ottenne il permesso di recarsi a Soncino ad acquistare del vino, sorvegliato da un religioso di fiducia dei pontevichesi. Ma, appena giunto a Robecco, finse di essere stato fatto prigioniero dal castellano cremonese e rispedì a Pontevico il religioso col vino.
 Nel 1362 Pontevico fu occupata dalla lega anti-viscontea, salvo la rocca, che resistette.
 Ai primi del 400 Pandolfo Malatesta, diventato signore di Brescia, usò il castello come base per osteggiare la nemica Cremona.
 Il periodo seguente al passaggio sotto il dominio veneziano fu caratterizzato da anni avventurosi, ma anche di prosperità per il paese che godette da parte della Serenissima di privilegi ed esenzioni.
 Nel 1438 Iacopo Piccinino, diretto all'assedio di Brescia, conquistò Pontevico senza violenza.
 Nel 1452 lo Sforza, che al servizio di Venezia aveva rioccupato il castello nel 1440 ed era nel frattempo diventato duca di Milano, attaccò Pontevico e la prese in due giorni. Nuovo assedio l'anno successivo da parte dello stesso Piccinino: dopo un lungo bombardamento occupò il paese e ne potenziò le fortificazioni. Nell'autunno dello stesso anno nuovo bombardamento, questa volta da parte dello Sforza, che concesse ai suoi soldati il saccheggio, particolarmente spietato soprattutto da parte dei mercenari francesi. Solo dopo la pace di Lodi del 1454 gli abitanti tornarono in paese e ricostruirono la fortezza, innalzando tre anni più tardi due nuovi torrioni, col munifico contributo di Venezia. Nel '500 alcuni monaci agostiniani collocarono a Torchiera dei torchi da lino, dando inizio a un'attività che durò fino all'800.
 Nel 1509 la rocca fu occupata dall'esercito francese (vi sostò il re Luigi XII). L'anno seguente la popolazione si rivoltò contro gli oppressori, provocando il tempestivo intervento di Giangiacomo Trivulzio, il quale vinse la pur strenua difesa consentendo ai propri soldati il saccheggio. Dopo queste vicissitudini ebbe inizio un'intensa vita culturale che portò alla nascita, nel corso del '500, di accademie-scuole.
 Il castello dei Martinengo rimase agli spagnoli fino al 1519; nella seconda metà del 500 la sua importanza strategica cominciò a declinare. Il capitano veneto di Brescia, Giovanni da Lezze, scrive nel suo Catastico del 1610: "Con grandissimo disordine vi è permesso la distrutione delle case che vi son dentro". Restava una guarnigione: il "ponte è guardato da una fortissima rocca con guardia di soldati, bombardieri". Il perimetro della rocca era di 800 passi e gli abitanti del paese erano 5 mila. Pontevico contava all'epoca undici frazioni o fienili alle proprie dipendenze.
 Nel 1630, la peste manzoniana falcidiò duemila persone tra la guarnigione e gli abitanti. Durante la guerra di successione spagnola, nel 1701 il generale austriaco Eugenio di Savoia fece del castello la sede del proprio stato maggiore. Nel lungo periodo di pace che seguì fiorirono iniziative economiche e benefiche. L'estimo del 1750 conta numerosi mulini, due dei quali con quattro ruote, e un maglio.
 Nel 1816-18 fu costruito il teatro.
 Nel 1880 divenne parroco e abate di Pontevico don Bassano Cremonesini, originario di Lodi, che suddivise le proprietà della parrocchia affidandole a un forte gruppo di piccoli conduttori agricoli, che ne aumentarono la redditività. Costituì una società operaia cattolica, una latteria sociale (1903) e una cantina sociale.
 Nel 1898, in clima di repressione contro il proletariato, la società "San Giuseppe", che organizzava oltre 300 tra contadini e operai, fu tra le prime a essere sciolte dall'autorità militare.
 Nell'estate 1882 dieci braccianti agricoli furono condannati a diversi mesi di carcere perché colpevoli di aver chiesto di essere pagati per il taglio del frumento e una retribuzione durante l'inverno.
 Tra gli avvenimenti recenti si ricorda, nel 1977, il crollo del ponte sull'Oglio